(Roma, 24 maggio 1943 – Roma, 28 ottobre 2006)

Marco Maria Olivetti nasce a Roma il 24 Maggio del 1943. È secondogenito di una famiglia di antica tradizione culturale. Cresce negli anni non semplici del dopoguerra, e presto si segnala per la viva curiosità e la forte propensione agli studi. La volontà di intraprendere lo studio della filosofia all’Università è precoce e ferma, così come poi, durante gli anni di frequenza alla Sapienza, altrettanto ferma è la decisione di seguire e lavorare con Enrico Castelli, Professore di Filosofia della Religione. Parallelamente alla filosofia conduce altresì con successo e rapidità studi di giurisprudenza, arrivando sin quasi a terminare il corso di laurea relativo.
Con Enrico Castelli quale relatore e Franco Lombardi quale correlatore, discute nel 1965 la tesi di Laurea, poi pubblicata nel 1967 con il titolo Il tempio simbolo cosmico. La trasformazione dell’orizzonte del sacro nell’età della tecnica. Del lavoro di elaborazione di quest’opera, che esercita in modo molto originale una riflessione filosofica e teologica sull’architettura sacra contemporanea, e che per la mediazione di Castelli arriva anche nelle mani di Papa Paolo VI, resta una fitta documentazione, anche fotografica, che ne ha accompagnato lo sviluppo e che testimonia di un interesse mantenuto a lungo anche dopo la pubblicazione del lavoro.
Se molto forte è già, in quello scritto, l’attenzione e l’interesse per il pensiero contemporaneo e per quello di Heidegger in modo particolare, gli anni immediatamente successivi lo vedono invece rivolto ad una meditazione sulla filosofia dell’Ottocento, su Jacobi, Schleiermacher, e sull’idealismo e il romanticismo in generale, sempre seguendo il filo conduttore della filosofia della religione come disciplina. Frutto di questi interessi sono le opere : L’esito teologico della filosofia del linguaggio di Jacobi (1970) e Filosofia della religione come problema storico. Romanticismo ed idealismo romantico (1974). A cavallo tra questi due scritti (nel 1972), ed in vista della preparazione del secondo, conduce un significativo soggiorno di studi a Tubinga. Ma è l’approfondimento di Kant e della Religione entro i limiti della sola ragione (di cui cura una fortunata revisione della traduzione italiana, pubblicata per la prima volta nel 1980), indagata sia nel suo ruolo storico che nella sua validità teorica per la riflessione contemporanea, ad offrirgli in quel periodo uno dei nutrimenti principali per la riflessione.
La carriera accademica in senso stretto inizia con la libera docenza in Filosofia morale, ottenuta già nel 1966 e quindi prima dei cinque anni di distanza dalla Laurea che erano richiesti dalla legislazione allora vigente, grazie ad una deroga concessa solo in casi di particolare eccezionalità e merito. Questa attività si accompagna all’insegnamento di Storia e Filosofia presso l’Istituto Santa Maria (1967-1973), che lo aveva già visto studente, e soprattutto all’insegnamento della Filosofia della Religione all’Università di Chieti (1966-1975), dove lascia un segno importante, aprendo in quell’Ateneo una tradizione di studi sulla disciplina che prosegue tutt’ora. Dal 1975 è Professore ordinario presso l’Università di Bari, e poi dal 1978 al 1980 all’Università di Trieste.
Sono questi anche gli anni del matrimonio con Maria Adele Valentini (1972), allietato dalla nascita dei due figli Maria Livia (1979) e Giovanni (1981).
Lungo tutti gli anni che seguono la laurea, Olivetti è sempre molto vicino ad Enrico Castelli soprattutto nell’impresa filosofica che più gli sta a cuore, l’organizzazione dei Colloqui romani di Filosofia della religione, a cui prendono parte alcune delle personalità più rilevanti del panorama filosofico e teologico internazionale. Alla scomparsa del maestro (1977), Olivetti ne eredita la responsabilità, e con essa assume la Direzione dell’Istituto di Studi Filosofici, affiancata dalla Presidenza – e dalla contestuale collaborazione ed amicizia – di Vittorio Mathieu, così come della rivista Archivio di Filosofia. Per decisione di Olivetti l’Istituto viene dedicato proprio ad Enrico Castelli.
La pluridecennale gestione olivettiana si caratterizza per la forte continuità di spirito con l’impronta del maestro, e per la contemporanea assoluta originalità. Sotto la sua direzione l’Istituto prosegue l’Edizione nazionale delle opere di Antonio Rosmini e Vincenzo Gioberti; l’Archivio si caratterizza per una più decisa unità tematica, pur nella costante diversificazione delle prospettive; e anche i Colloqui continuano e si rinnovano, rimanendo sempre all’avanguardia, nell’approfondimento di tematiche di filosofia della religione che investono anche snodi cruciali della filosofia in generale.
I temi di volta in volta scelti da Olivetti rivelano la sua profonda conoscenza del dibattito contemporaneo e la capacità di coglierne e sottolinearne questioni decisive e feconde, così che le sue brevi ma intensissime introduzioni di invito ai relatori riescono ogni volta ad attrarre personalità rilevantissime. La filosofia della religione degli ultimi decenni risulta perciò inevitabilmente segnata dalla sua impronta.
Tale impronta, così delicata nel dar voce alle individualità degli ospiti dei Colloqui, non è però priva di un marcato ed originale tratto di speculazione personale, di cui testimonianza matura e rilevante è senza dubbio Analogia del soggetto (1992). In quest’opera la filosofia della religione è letta alla luce della teoria della società, in una riflessione che intreccia le prospettive della filosofia analitica e continentale, si confronta ancora con Apel e Habermas, Heidegger e Levinas, e giunge ad una proposta di respiro “metafisico” molto ampio, che ancora è tutta da meditare.
Dal 2001 è Preside della nuova Facoltà di Filosofia, da lui fortissimamente voluta, in continuità e sviluppo della tradizione della scuola romana a cui si era formato, e che è la prima ed unica facoltà in Italia dedicata esclusivamente a questa disciplina. Dal 2003, inoltre, è membro effettivo dell’Accademia dei Lincei, a ulteriore coronamento, in Italia, della sua già lunga attività di studioso.
Ma vivace è anche la partecipazione di Olivetti al dibattito scientifico internazionale. È membro attivo di diverse istituzioni e imprese scientifiche (dalla Internationale Hegel Vereinigung al prestigiosissimo Institut International de philosophie) e partecipa con regolarità al circolo ristretto di riflessione sui fondamenti teorici della religione animato da Bernhard Casper.
Personalità indubbiamente affascinante. Straordinariamente coinvolgenti sono le sue lezioni, in cui l’analisi rigorosa del testo si accompagna a lunghe digressioni che spaziano dalla storia all’attualità, con cambi rapidi di toni ed improvvisi sconfinamenti nel linguaggio ordinario, a voler rimarcare l’ancoraggio reale anche della speculazione più tecnica e raffinata.
Nel suo parlare erudizione e concretezza entrano spesso in paradossale, ma gioioso, persino divertito, cortocircuito. Così agli occhiali spessi, la barba, la magrezza – elementi che ne accentuano il profilo di rigore intellettuale – si accompagnano le giacche larghe, le cravatte particolari o gli orologi sgargianti, di nuovo a segnare un contrasto ed una evasione repentina dalla serietà. I gesti ampi delle braccia e delle lunghe dita, lo sguardo vivace e curioso, il viso espressivo ed il sorriso accogliente, accattivante e talvolta enigmatico, sono solo alcuni degli elementi del fascino anche personale che emana. I modi garbati ma mai freddamente distaccati, il rispetto profondo con cui si porge, la pazienza, e la facoltà di leggere la realtà che gli fanno trovare spesso i modi e i termini più appropriati per ogni interlocutore, lo rendono un maestro che segna la vita degli allievi che gli si avvicinano più strettamente.